La pizza napoletana si basa sulla semplicità, spiega Antimo Caputo al pubblico londinese introducendo Salvatore Salvo insieme a Guido Barendson dopo la breve ma efficace presnetazione di Luciano Pignataro di questo “cibo popolare dal sapore unico, che ora sta diventando anche gourmet”.
Farina, acqua, sale, lievito; non ci sono ingredienti segreti, o meglio se ce n’è uno è qualcosa che appartiene solo al pizzaiolo: la tecnica, la manualità. Ancora più efficaci delle parole, a spiegarlo ci sono infatti i gesti di Salvatore che stende il suo impasto davanti alla platea, condisce e passa a Giuseppe Scognamiglio – il fornaio venuto con lui da San Giorgio a Cremano, ci tiene a sottolineare che sono due lavori diversi e con pari dignità – per cuocere nel forno di Izzo dove in pochi secondi si compie il miracolo di una pizza napoletana cotta senza legna, ma con risultati eccellenti.
L’impasto dei fratelli Salvo – che Salvatore ha impastato a mano e fatto maturare nella sua camera d’albergo tenendo aperta la finestra, e con le temperature londinesi di questi giorni ciò la dice lunga su quanta passione abbia per il suo lavoro – ha un’altissima idratazione che lo rende leggero e digeribile, ma anche difficile da lavorare.
Ma per lui e il fratello Francesco la digeribilità è appunto l’obiettivo principale, insieme al sapore e alla struttura della pizza. Risultati che si raggiungono partendo dalla base, vale a dire dalla scelta degli ingredienti a cominciare dal più importante, la farina.
Lui usa quella messa a punto insieme al Molino Caputo con un lavoro di ricerca durato oltre un anno, per ottenere il risultato ottimale in termini di capacità di idratazione e fermentazione grazie alle quali può utilizzare pochissimo lievito fresco, facendo maturare l’impasto per circa 20 ore.
A condire le pizze sfornate al Baglioni non potevano che esserci gli ingredienti più classici: pomodoro e mozzarella, anch’essi, sottolinea Caputo, “lavorati” a mano: i primi schiacciati, la seconda tagliata al coltello e poi fatta scolare a basse temperature per ottenere un risultato ancor più filante.
di Luciana Squadrilli