È decisamente uno che ama le sfide, lo chef sardo che apre l’edizione londinese del congresso: da giovane studiava per diventare falegname e poi ha scelto la cucina, diversi anni ha trasferito il suo ristorante – S’Apposentu di Casa Puddu – dal capoluogo in pieno fermento a un paese dell’entroterra di 660 abitanti, per poi aprire una pizzeria – Sa Scolla – e la sede della sua scuola di cucina in uno ancora più piccolo: Siddi, 82 anime.
E nella sala dell’Hotel Baglioni, presentato da Mecca Ibrahim di Great Italian Chefs, propone un piatto a base di pasta secca, sì, ma ammollata e fermentata per trasformarla – con aggiunta di lievito madre – in un impasto da modellare a mo’ di cannolo e farcire con mozzarella tritata e un misto di erbe e verdure selvatiche raccolte nei campi che circondano il ristorante, dai nomi intraducibili. Per finire, petali di fiori, erbe selvatiche e succo d’arancia concentrato. Non si tratta, però, di una sperimentazione a tutti i costi quanto di un’elaborazione di un piatto tradizionale sardo, le tallutzas de coxia: la pasta della domenica ottenuta da quello che avanzava dell’impasto per su coccoi, il tipico pane di semola di grano duro, dunque una pasta fermentata.
Non contento, propone anche una seconda ricetta che definisce “un gioco, né un secondo né un dessert”: la mozzarella in questo caso viene accompagnata da un fresco sorbetto di cipolla rossa, un gambero dolce e carnoso, foglie di lattuga di mare a dare sapidità, una fetta sottile di rapa fermentata e un crumble di cacao. Un gioco di sapori e consistenze che lo chef sintetizza efficacemente così: “un’orgia al palato”.
di Luciana Squadrilli
Foto di Andrea Moretti