Pasta Revolution, la pasta conquista l’alta cucina
Può la pasta secca, alimento imprescindibile della tradizione italiana (soprattutto al Sud), essere rivoluzionaria? Si, se a ripensarla, elaborarla, cucinarla sono cuochi coraggiosi e consapevoli, a volte anche irriverenti ma spesso geniali. Su questo assunto – e su 8 edizioni di Identità di Pasta, la giornata dedicata del congresso Identità Golose, da lei moderate – si basa il bel libro Pasta Revolution di Eleonora Cozzella, edito da Giunti.
Rivoluzionaria anche lei, sottolinea Luciano Pignataro, a cimentarsi appunto su un pilastro della cucina italiana, quasi sacro, che però ricorre poco sulle tavole dei grandi ristoranti e anche ai congressi gastronomici. «Le difficoltà nel proporre piatti a base di pasta secca al ristorante sono molteplici – conferma Eleonora – Innanzitutto appunto perché è un prodotto quasi sacro, e appartiene ai canoni della cucina di famiglia di ognuno di noi, per cui è raro che qualcuno ammetta che un piatto di pasta preparato dallo chef è migliore di quello di casa. E poi la pasta è un piatto semplice, quasi “banale”, che poco si presta a interpretazioni creative e sconta una “doppia natura”: è un prodotto già trasformato ma allo stesso tempo non finito, quindi non è vista né come materia prima “tal quale” né totalmente come opera del cuoco. Negli ultimi anni, però, alcuni chef hanno iniziato a riflettere su questo e hanno provato a trattare la pasta come fanno, ad esempio, con il formaggio; altro prodotto dell’uomo che però viene impiegato in tanti modi e diventa ingrediente del piatto e non solo una “base bianca” su cui mettere una salsa, come invece spesso viene intesa la pasta». Non è un caso infatti, sottolinea ancora Eleonora, che di solito quando si parla di ricette di pasta si intendano ricette di condimenti mentre la preparazione della pasta viene relegata a poche righe “standard”. Ne libro invece, dopo un excursus sugli aspetti storici, sociali e culturali della pasta, sono raccolte 40 ricette – selezionate tra le circa 160 che l’autrice ha visto e assaggiato in 8 anni, in base appunto al loro essere “rivoluzionarie” – che raccontano appunto l’evoluzione della pasta e le sue possibili interpretazioni innovative. Ricette a volte semplici e replicabili, più spesso ardite e complesse perché frutto di studio e sperimentazione che ne scandagliano possibilità e aspetti reconditi, dalla cottura “estrema” (attenzione: non si parla di pasta scotta ma “surcotta” per scelta) che la rende materia plasmabile o farcia, fino alla reidratazione a freddo. Alla base resta però sempre il grande rispetto per questo prodotto così importante, la cui qualità è fondamentale per la riuscita del piatto, e la conoscenza della materia: «Puoi apprezzare quello che è rivoluzionario solo se conosci bene il tradizionale» conclude Eleonora Cozzella e non a casa accanto a lei, pronto a prendere in mano la padella, c’è Peppe Guida, grande interprete della pasta secca in tutte le sue sfumature, tradizionali e avveniristiche. «Uno dei pochi – dice Eleonora – che vince sempre la scommessa sul paragone con la cucina di casa!».
Peppe Guida, se la pasta diventa pastiera
Difficile dire se il piatto presentato al Baglioni da Peppe Guida – grandissimo interprete della pasta secca ma anche di tanti altri prodotti della sua terra, dal pesce ai formaggi come ricorda Lorenzo Sandano nell’introdurlo al pubblico romano – sia più tradizionale o innovativo. Di sicuro rivoluzionario nel mettere insieme due capisaldi del patrimonio gastronomico campano, la pasta e la pastiera, in perfetto equilibrio tra dolce e salato.
Gli spaghetti maxi di Gragnano del Pastificio dei Campi – scelti per il loro spessore ma pazientemente spezzati a mano nella grandezza desiderata dallo chef da alcune affezionate amiche – vengono cotti in una soluzione fatta al 50% di acqua e al 50% di latte di bufala, come anche il grano che viene lasciato leggermente al dente, come qualcuno usa fare anche per la preparazione della pastiera tradizionale perché si senta sotto i denti. A pasta e grano, Peppe unisce la ricotta di bufala e il tuorlo d’uovo ottenendo un composto del tutto simile a quello che si usa per farcire il tipico dolce pasquale ma senza componente dolce e con una sapidità appena accennata, in cui il sapore della bufala è quello che tiene insieme il tutto. Peppe assaggia più volte per controllare l’equilibrio e, da cuoco abituato a stare più in cucina che sotto i riflettori, sottolinea: «Non riesco a capire come si possa fare un buon piatto senza assaggiare».
Sopra ogni piatto, con pazienza e grande cura, lo chef grattugia la scorza di agrumi freschi del suo giardino sorrentino – mandarino, arancio, cedro e limone – il cui profumo si spande per tutta la sala; altra sua grande passione, gli agrumi, che lo chef usa spesso e volentieri anche dove meno ce lo si aspetterebbe: «Provate a fare una gricia con il lime e vedrete!». Infine, a marcare il lato dolce del piatto, qualche seme di vaniglia e una spolverata di cannella. Il risultato è un piatto per nulla stucchevole, sul filo del rasoio tra sapido e dolce, che cambia sfumatura a ogni morso rivelando a tratti le note agrumate, a tratti quelle dolci che si affiancano al gusto della ricotta. Sullo sfondo, la pasta dalla cottura semplicemente perfetta che mantiene tutto il suo carattere.
Cristina Bowerman, aperitivo mangia&bevi
È Cristina Bowerman a chiudere la prima giornata di LSDM a Roma e, visto l’orario, ha l’eccellente idea di proporre un aperitivo più che un vero e proprio piatto. «Alla mia quinta partecipazione, volevo fare qualcosa di diverso e anche di divertente; ho iniziato a pensare a cosa rimanesse di inesplorato cercando di proporre allo stesso tempo qualcosa di leggero e poco impegnativo, adatto a chiudere una giornata densa come questa. Così mi è venuto in mente di giocare con l’aperitivo ma per carità, non chiamatelo apericena! » scherza la chef pugliese, moderata da Luciano Pignataro. Estrosa e meticolosa al tempo stesso, sempre pronta a studiare in profondità quello su cui decide di cimentarsi, la Bowerman arriva dunque in sala accompagnata dal barman Riccardo Gambino. Insieme, hanno messo a punto un aperitivo “magia&bevi” dove la mozzarella è protagonista, strizzando l’occhio ai classici spiedini di bocconcini e pomodorini che imperavano nei buffet di qualche decennio fa e non sono mai scomparsi del tutto. «Sono partita dal cocktail: cosa c’è di più classico di un Martini? Ho chiamato in aiuto Riccardo proponendogli di crearne uno dove entrasse anche la mozzarella o meglio, una sorta di estratto ottenuto lavorandola al Bimby con latte di bufala e acqua di governo per esaltarne l’acidità. Ne è stato entusiasta». Nasce così – utilizzando tra l’altro anche prodotti di “scarto” della mozzarella in sintonia con la filosofia attenta agli sprechi alimentari che contraddistingue la chef e molti altri colleghi intervenuti a LSDM – l’inedito “Mozzarella Martini” con aggiunta di “acqua di mozzarella” che viene servito con un bocconcino di mozzarella immersa in acqua di basilico e accompagnato da aria al basilico. Lei, dal canto suo, ci abbina una sfera liquida di caprese, realizzata frullando pomodori semisecchi con latte di bufala e un po’ dell’acqua di bufala di cui sopra e versando il composto filtrato in degli stampi in silicone: la caprese in un boccone, da accompagnare con un sorso di Mozzarella Martini. Signori, l’aperitivo è servito.
di Luciana Squadrilli