Ce lo vedreste Pasquale Torrente, scazzetta in testa e mestolo alla mano, come odierno Masaniello della cucina campana? Noi sì, benissimo. D’altronde non è cosa nuova che il cibo sia anche una scelta “politica”, da chi lo fa a chi lo mangia. A conferma, è stata quasi un’arringa quella di Pasquale a LSDM Roma, con il fondamentale contributo del figlio Gaetano e di Silvia, responsabile della friggitoria di Eataly Roma che nelle retrovie preparavano i piatti a supporto del suo discorso, perché si sa che i fatti contano più delle parole.
«Una lezione sul crinale tra il tema principale della manifestazione, la materia, e i suoi risvolti politici e un happening goloso che va dall’amuse-bouche al dolce» sintetizza bene Massimiliano Tonelli, chiamato al compito non facile di presentare un Torrente a briglia sciolta (come sempre).
Già il titolo del suo intervento – le cinque giornate della mozzarella – la dice lunga. Politica e pratica, ma soprattutto cultura alimentare e conoscenza della materia che diventa parte integrante dell’identità di un popolo. In sostanza, dice Pasquale, non è detto che la mozzarella di bufala debba essere buona solo il giorno stesso in cui è stata fatta; lo sapevano bene le mamme e nonne campane che hanno inventato mille utilizzi per la mozzarella “stagionata”, dalla pasta al forno alla parmigiana di melanzane fino all’immancabile filoche, la frittata avvolta su se stessa. Oggi forse ce ne stiamo dimenticando e Pasquale vuole ribadirlo, proponendo 5 usi per 5 diverse “stagionature” della mozzarella, uno per ogni giornata che passa dalla sua realizzazione appunto. «L’obiettivo sarebbe far sì che la gente andasse a comprare la mozzarella chiedendo: “Mi dà quella fresca da mangiare oggi, o quella di due giorni per farci una cosa, quella di tre per un’altra ancora…”. Come il Parmigiano, di cui scegliamo il 24 mesi per una ricetta, il 48 per un’altra».
E allora, ecco le sue 5 giornate.
Al primo giorno, quando la mozzarella è fresca e succosa, va mangiata così com’è, possibilmente senza nemmeno tagliarla con il coltello ma a morsi. Non potendo metterlo in pratica, anche per preservare la bella sala del Baglioni, arrivano in sala vassoi di treccia tagliati a pezzetti, da mangiare a piacere.
Al secondo giorno, rigorosamente tenuta nella sua acqua di governo fuori dal frigorifero, la mozzarella (in questo caso e a seguire, nella pezzatura da 250 grammi, quella più comunemente acquistata dai consumatori) è ancora buonissima ma ha comunque iniziato a perdere un po’ di acqua e un po’ di freschezza; si può allora accostare a un altro grande prodotto come il pomodoro, per un connubio inossidabile che è anche pura valorizzazione di un territorio. Pasquale lo propone appena scottato con un poco di aglio e gambi di basilico, in omaggio al “zero sprechi” che oggi è una scelta non più rimandabile. Ed ecco una “caprese tiepida” che non fa rimpiangere la mozzarella fresca.
Al terzo giorno, la mozzarella inizia a perdere un po’ di sapidità e di consistenza, come confermerà anche Raffaele Barlotti a fine intervento, precisando: «Quello che dice Pasquale è nuovo ma anche legato alla nostra tradizione; fino agli anni ’50 le aziende agricole facevano la mozzarella una volta a settimana, che infatti era soprattutto provola affumicata per conservarla meglio. L’idea della mozzarella fresca di giornata, di produzione quotidiana, è relativamente recente».
A questo punto si può iniziare a trattarla come “ingrediente”, restituendole sapidità con l’aggiunta di qualche altro prodotto che, nel caso di Torrente, non può che essere la colatura di alici. E così, in omaggio a Roma e all’amico Peppe Di Martino, pastaio gragnanese, propone una versione autunnale e sui generis della pasta alla Checca, «Un piatto straordinario ma bistrattato a base di pasta, basilico, pomodoro fresco e mozzarella», come a dire il meglio che abbiamo in Italia. Lui sceglie i conchiglioni, belli al dente, invece degli spaghetti, scotta appena i pomodorini di Corbara per avere un risultato tiepido anziché freddo e manteca a freddo aggiungendo la mozzarella “spappolata” con le mani, ormai cedevole, e la colatura.
Al quarto giorno è ormai inevitabile il passaggio in frigo, fuori dall’acqua, per cui la mozzarella perde liquidi e diventa più compatta. A questo punto Pasquale la taglia con il coltello ed è pronto anche per l’omaggio a Milano con la sua “milanese di mozzarella”, impanata e fritta impeccabilmente con Frienn, l’olio per frittura che lui stesso ha messo a punto con Olitalia. Asciutta e croccante, con un cuore morbido ma non scioglievole, la sua “milanese” piace a tutti.
Arrivati al quinto giorno, cosa succede alla mozzarella? Questa volta è Mimmo La Vecchia del Casolare a fornire la risposta tecnica che conferma le intuizioni di Pasquale: «Inizia lo stracchinamento e comincia a diventare quasi cremosa, non c’è più bisogno del coltello per tagliarla». La mozzarella inizia quindi a diventare burrosa ed è pronta per essere interpretata da Pasquale in chiave dolce: «Questa volta la frulliamo e la uniamo al succo di pomodoro San Marzano appena zuccherato. Ma abbiamo bisogno anche di qualcosa che faccia salivare e invogli a continuare a mangiare, quindi mettiamo anche un pizzico di sale». Il risultato è un gioco al rincorrersi tra dolce e salato intorno al pomodoro e alla mozzarella, che comunque mantiene il suo perché. E viene da pensare che sia una fortuna che Pasquale Torrente – nonostante sia decisamente un “personaggio” – abbia detto di no a un noto reality per restare in cucina a friggere, spadellare e farci godere.
di Luciana Squadrilli
Foto concesse da Andrea Moretti