25 Febbraio 2015

Michele Deleo, lo scarpariello come ode alla semplicità #lsdm #london

La giornata londinese del congresso, ospitata nella raffinata lounge del Baglioni Hotel, comincia con i saluti del Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana Dop e con qualche numero: ogni anno si producono circa 37 milioni di chili di questo fantastico prodotto che ha una storia lunga almeno 1000 anni; di questi è destinato all’estero circa il 25%, di cui solo l’8% in Inghilterra.
 
Speriamo che la giornata di oggi, insieme agli sforzi del Consorzio, servano a far alzare questa cifra.
 
Poche chiacchiere, e si entra subito nel vivo della manifestazione con Michele Deleo. Lo chef del Rossellinis spiega subito di non aver voluto portare a Londra una ricetta per mettere in luce la sua creatività e le sue abilità tecniche, quanto piuttosto un’”idea”. O meglio ancora, le sensazioni di piacere assoluto che regalano il territorio campano e i suoi grandissimi prodotti: non solo mozzarella, ma anche pasta e pomodoro.
 
Ecco quindi la sua interpretazione di un grande classico della cucina popolare campana: lo scarpariello. Piatto povero e delizioso che prende le sue origini e il suo nome dal semplice pasto quotidiano degli operai delle fabbriche di scarpe, è la dimostrazione di come unendo pochi, grandi ingredienti si possa raggiungere un risultato eccezionale.
 
E per rafforzare il messaggio Deleo sceglie di lasciare i singoli elementi il più possibile intatti, senza che uno sovrasti l’altro. Dunque, la pasta – i rigatoni di Gragnano del pastificio dei Campi, capaci di accogliere al meglio tutti i succhi da cui vengono abbracciati – viene cotta in acqua non salata addizionata con un 30% di acqua di governo della mozzarella, che le dà ricchezza e una lieve nota affumicata.
 
Il pomodoro San Marzano viene solo passato e condito con olio extravergine – un monocultivar di Coratina – profumato all’aglio e peperoncino per infusione, per lasciarne intatti sapore e dolcezza. Invece poi di mantecare tutto insieme con formaggio di pecora e di vacca come vorrebbe la ricetta originaria, lo chef avvolge la pasta con del latte di bufala cotto (portato in più step a una temperatura di circa 80° e leggermente acidificato con acido citrico fino a che non diventa cremoso) e aggiunge sopra del formaggio grattugiato ben stagionato.
 
Infine, il tocco di freschezza del basilico fresco e quello delle “briciole” di pane a ricordare l’abitudine della scarpetta. La pasta viene servita in un apposito contenitore dalla forma singolare che ricorda un po’ le corna bufaline, e a una temperatura tiepida che stringe l’occhio all’insalata di pasta take-away, senza sulla perdere della golosità della ricetta di base.
 
Ulteriore dimostrazione che la pasta di qualità – accompagnata da prodotti altrettanto validi – non conosce limiti di bontà.
 
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Giuseppe di Martino, Michele Deleo, Guido Barendson
 
di Luciana Squadrilli

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