La prima giornata di LSDM in Sala Blu volge quasi al termine e Luciano Pignataro interroga Francesco Salvo, Ciro Cristiano e Franco Manna sulla pizza napoletana: è possibile esportarne il modello? La pizza napoletana in tutte le sue espressioni e interpretazioni è comunque portatrice di una gran forza propulsiva, ma è anche un prodotto artigianale ogni volta diverso, che deve la propria qualità alla gestione personale di impasto e cottura.
Franco Manna di Rosso Pomodoro racconta la sua esperienza e la scelta che gli si parò davanti al momento di aprire un punto su Milano: adattarsi, come molti suggerivano, a un modello più “commerciale” che avrebbe sicuramente soddisfatto il gusto milanese oppure mantenere la formula napoletana? La scelta è andata sicura verso la lunga lievitazione e la classica pizza partenopea. L’artigianalità, dice Manna, e la qualità del prodotto utilizzato sono fondamentali per non incorrere in una tragedia dal punto di vista dell’immagine come nel vino accadde con lo scandalo del metanolo negli anni ‘80.
Ciro Cristiano, invece, partito per Parigi una decina di anni fa, è riuscito in un’impresa a dir poco coraggiosa: portare nel cuore della Francia, a Parigi, la vera autentica pizza napoletana, elastica e condita con pomodoro di qualità. La tradizione vera è presto diventata per i parigini la vera novità ed ecco perché il grande successo non ha tardato ad arrivare. Rotti quindi anche gli schemi dei numeri: in una città abituata alle piccole pizzerie italiane a gestione familiare, hanno portato grandi spazi che possono ospitare fino a 500 coperti.
Francesco Salvo, della Pizzeria Salvo, sostiene la necessità di parlare della pizza napoletana, della sua storia e dei posti in cui si son susseguiti per generazioni i migliori pizzaioli. E poi si deve parlare di accoglienza, di qualità del servizio, dice Salvo, e anche di carta dei vini, di tutto ciò che insomma è stato sinora appannaggio della ristorazione. E oltre a raccontare la storia, bisogna pensare al futuro, un futuro fatto di squadre di lavoro organizzate che non releghino più la responsabilità di grandi exploit in solitaria al pizzaiolo.
di Amelia De Francesco