di Antonella Petitti
Un viaggio nelle migliori cucine italiane in una sola giornata, a Paestum è stato possibile oggi in occasione della prima giornata di LSDM.
Un congresso che continua a crescere anche in quest’anno di celebrazioni per il suo decennale e che sceglie come filo conduttore un tema ricorrente, una domanda pressante, un dubbio amletico: è possibile conciliare qualità e quantità?
Ma i grandi ospiti non hanno avuto dubbi, la qualità cresce e la ricerca è proprio quella di poterla offrire a costi sempre più accessibili.
Nella sala rossa del congresso di cucina d’autore in corsa al Savoy Beach Hotel di Paestum è il napoletano Nino Di Costanzo (Danì Maison – Ischia) ad aprire le danze con un vero e proprio elogio alla semplicità.
“Non santifichiamo gli chef ma difendiamo a denti stretti il nostro patrimonio di tipicità, senza una materia prima eccellente è impossibile fare davvero un piatto di grande livello. E poi non dimentichiamo che alla riuscita di un piatto concorrono tante cose, il territorio, il modo in cui un pesce è pescato, gli artigiani”, racconta con rinnovata passione. Tant’è che ha scelto di far mandare un video durante la sua lezione, dove il mare e le suggestioni di Ischia si sono unite alle influenze dei suoi viaggi che gli son sempre serviti “per valorizzare ancora di più ciò che già abbiamo”.
Al pubblico ha presentato un piatto con pesci ancora troppo poco valorizzati come il pesce bandiera ed il sauro ed anche un risotto ai cinque limoni.
E’ il pugliese Martino Ruggieri (Pavillon Ledoyen – Parigi), braccio destro di Yannick Alléno, a portare una ventata di cucina francesce ad LSDM. Dalle fermentazioni alle estrazioni un nuovo modo per creare forti identità, “ma c’è bisogno di palati allenati” sottolinea Ruggieri “e comunque sia preferisco la logica del gusto a quella dell’estetica”. Ma a far rumore sin dal suo ingresso è stata la testa di vitello (che è stata bollita per oltre sei ore e poi è stata lasciata asciugare una notte intera) che ha campeggiato in cucina.
Da lì ha direttamente affettato la guancia che ha poi saltato in padella con olio extravergine di oliva e servito con una base di porri e fette di mozzarella sul finire. Intenso come il succo di sedano rapa che ha fermentato per 8 mesi e a cui ha aggiunto in un secondo momento vaniglia, fragole mature e pomodori secchi.
A festeggiare una doppia ricorrenza è lo chef napoletano Francesco Apreda (Imago – Roma) che quest’anno ha compiuto dieci anni con il suo Imago ed ha simbolicamente spento assieme a Barbara Guerra ed Albert Sapere le calendeline posizionate su una grande dolce mozzarella (finta, trattasi di una riproduzione golosa, equilibratissima ed intensa). Ma è con la mozzarella “in consistenza” con scapece di verdura che lo chef delle spezie si è divertito ed ha divertito. Quattro consistenze tra cui una ottenua con il siero della mozzarella di bufala.
Dal Piemonte lo chef Matteo Baronetto (Del Cambio – Torino) è arrivato carico di rivisitazioni, in nome di un concetto molto amato oggi: “confortevole”. “Ed il conforto” spiega Baronetto “lo si ritrova nei nostri classici, quelli che ci fanno sentire a casa”. Così compaioni i suoi gamberetti in salsa rosa, il suo vitello tonnato, le acciughe in salsa verde, chiudendo con l’uovo sodo che voleva essere un calamaro. “Un gioco di assonanze visive e di consistenze”, spiega. Con il suo stile perfettamente riconoscibile sottolinea l’importanza di conoscere la storia e l’origine dei piatti per poter dare loro una nuova veste.
Il pugliese Antonio Guida, oggi in forza al Seta di Milano, parte dal dessert proponendo una “dolce caprese”. Gli elementi sono semplici: la mozzarella, i pomodori, il basilico. Ma la tecnica e la curiosità li trasformano in qualcosa d’altro, proponendo un dolce partendo da elementi di cucina. “Amo i dessert poco dolci”, racconta Guida, mentre tira fuori da elementi altrettanto semplici dei ravioli ripieni di pomodori, crema di burrata e rucola ed un risotto al nero di seppia adagiato sullo zabaione senza zucchero.
Coinvolgente la presenza forte di Antonello Colonna (Antonello Colonna Resort – Labico), uno chef simbolo che come racconta lui stesso negli anni Ottanta è salito sul treno degli chef della nouvelle cousine sapendo di essere un infiltrato. Infatti col passare del tempo Colonna è tornato “indietro”, ovvero alle radici, facendo delle scelte che lo hanno riportato alla terra e ad elementi perfettamente riconoscibili. “La cucina non è arte ma artigianato, amo la cucina di memoria in cui il ricordo gioca un ruolo importante”. Agli intervenuti ha presentato un tortello ripieno con alici a cui si è ispirato pensando alla piacevolezza dei crostini con burro ed alici.
A chiudere questa ricca prima giornata lo chef tedesco Cristoph Bob. Innamorato dell’Italia da cinque anni al refettorio del Monastero Santa Rosa di Conca dei Marini. “Ho girato il mondo, lavorato in posti in cui la materia prima era buona ma qui è eccezionale, non ci sono paragoni”.
Diverte il suo italiano, ma anche il modo in cui propone la sua costoletta di manzo con ragù di tuberi e salsa di mozzarella del giorno prima. Un piccolo barbecue che ama portare in bicicletta e in cui ha adagiato delle pietre che ha raccolto personalmente sul Vesuvio. Una pietra lavica che assorbe il grasso della carne, ma che riesce anche a donare un sentore forte quasi di affumicatura. Uno stile contemporaneo che ha abbracciato quello mediterraneo, dove la complessità nel procedimento ritrova una estrema semplicità nel piatto.
di Antonella Petitti