Martedì 19 luglio Dievole – che oltre ad essere un’azienda produttrice di vino e olio extra vergine d’oliva, nella storica tenuta nel Chianti Classico propone anche ospitalità e ristorazione in un meraviglioso wine resort – ha accolto la presentazione del libro La Buona Pizza, scritto per Giunti Editore da Tania Mauri e da Luciana Squadrilli con le belle foto di Alessandra Farinelli.
Cosa c’entra un produttore di olio e vino con la pizza? Probabilmente molto più di quanto si potrebbe pensare, tanto che proprio Dievole è tra gli sponsor del libro insieme ad altre tre aziende produttrici o selezionatrici di eccellenze del made in Italy: il Caseificio Il Casolare, GMA con L’Orto di Lucullo e I Sapori di Corbara e Birra del Borgo.
L’olio extravergine di qualità, infatti, trova – abbastanza inaspettatamente, bisogna ammetterlo – sempre più spazio in pizzeria; naturalmente, anche in questo caso parliamo di una fascia alta ma non dimentichiamo che fino a pochi anni fa l’olio veniva considerato come uno degli ultimi ingredienti per ordine di importanza sulla pizza, a sua volta non esattamente un piatto “di ricerca”. Negli ultimi anni le cose sono cambiate tantissimo, e tra i prodotti a cui i pizzaioli prestano maggiore attenzione – oltre all’impasto che fa da base alle loro pizze – c’è proprio l’extravergine.
Così, non è raro vedersi portare a tavola – anche in pizzeria! – la bottiglia di (buon) olio con cui “ultimare” la pizza dopo l’uscita da forno; o trovare giovani pizzaioli (come è successo di recente a Roma alle “selezioni” Nord, Centro e Sud di Pizza Chef Emergente, la sfida organizzata da Luigi Cremona e Lorenza Vitali) che portano con sé anche il “loro” extravergine d’elezione, spesso locale, per condire le proprie pizze in gara contribuendo da definire la loro “identità”, quando probabilmente fino a pochi anni fa ci si sarebbe accontentati di quello che si trovava sul bancone; o ancora, addirittura di trovare locali che fanno una vera e propria selezione tra la produzione olearia nazionale per poter meglio condire le pizze in base a ingredienti e composizione, proponendo le etichette prescelte anche in assaggio al tavolo. È il caso, ad esempio, dei Fratelli Salvo a San Giorgio a Cremano e pure dei diversi locali ‘O Fiore Mio in Emilia Romagna, citati anche nel libro e non a caso chiamati a proporre le loro pizze al pubblico intervenuto alla presentazione da Dievole.
Alcune delle pizze preparate
Matteo Tambini, uno dei due soci di ‘O Fiore Mio, ha dunque assaggiato insieme a Marco Scanu tutti gli oli di Dievole e ha scelto quelli secondo lui più congeniali alle pizze che lui, Davide Fiorentini e il giovane pizzaiolo Indrit hanno cotto nel bellissimo forno a legna della tenuta, un tempo probabilmente usato per la cottura “comunitaria” del pane di tutto il borgo e per la prima volta usato anche per la pizza: per quella con burrata e prosciutto di Parma – e pure per la Bufalina, con il pomodoro corbarino e la mozzarella aggiunta a crudo degli altri produttori-sponsor, presenti anche loro – Matteo ha scelto il blend 100% Italiano, olio equilibrato ed elegante ottenuto da olive di Leccino, Coratina, Peranzana e Ogliarola provenienti dalle olivete di Puglia e Basilicata. Con la pizza Dall’Appennino al Vesuvio (un viaggio lungo l’Italia, con fiordilatte, pomodoro del piennolo, scalogno di Romagna, sale marino artigianale di Cervia e Parmigiano Reggiano 24 mesi) ha scelto invece l’extravergine Dop Chianti Classico, un blend di Frantoio e Moraiolo dal carattere più deciso.
Ad accompagnare la degustazione di pizze c’erano i prodotti dell’Orto di Lucullo, mozzarella e ricotta di bufala del Casolare, le birre di Birra del Borgo, i vini e gli oli extravergine di Dievole e anche la buonissima pannacotta con olio di Coratina e fiore di finocchietto cristallizzato preparata da Monika Filipinska, la brava chef del Ristorante di Dievole.
Il libro La Buona Pizza e la pannacotta di Monika Filipinska
Riuscitissimi gli abbinamenti, così come tutta la serata che ha fornito uno spunto ulteriore di riflessione sul parallelo tra pizza ed extravergine: in entrambi i casi, si tratta di due “prodotti” simbolo del made in Italy ma troppo a lungo dati un po’ per scontati e relegati ai grandini più bassi del mondo enogastronomico italiano. Entrambi, invece, negli ultimi anni hanno saputo fare passi da gigante diventando spesso elementi trainanti e fondamentali del nostro patrimonio alimentare, grazie soprattutto al lavoro di artigiani appassionati che hanno saputo unire due componenti imprescindibili: da un lato lo studio, la ricerca, la continua “innovazione tecnologica” (che si tratti di processi di estrazione o di metodiche di lievitazione e cottura), dall’altro il legame con la tradizione e il territorio e il grande valore “identitario” che accomunano il buon extravergine e la buona pizza.