di Tania Mauri
Per il decimo compleanno de “le Strade della Mozzarella“, la terrazza dell’hotel Savoy Beach ha accolto gli Atelier con i grandi classici della tradizione culinaria italiana: Pasta e pomodoro, Il fritto, Pomodoro e Mozzarella di Bufala Campana DOP, Il Panino d’autore, La Pasta fresca. Questi i temi che hanno stimolato gli chef e hanno saputo creare piatti all’insegna della semplicità, ricercatezza ed equilibrio con un occhio di riguardo alla materia prima di cui hanno scrupolosamente conservato gusto e sapore.
Questi i cuochi protagonisti della prima giornata che hanno fatto il tutto esaurito ai diversi tavoli conviviali dove raccontavano come avevano pensato e realizzato i piatti da loro proposti.
Si parte con un grande classico come la pasta al pomodoro che lo chef Raffaele Vitale della Cantina Villa Raiano di San Michele di Serino interpreta partendo dal pomodoro che appiccia u sole arientu. “Il mio piatto si basa sull’essenzialità e la semplicità della materia prima e vuole essere un’ode al Pomodoro San Marzano. Un pomodoro buono come questo non ha bisogno di molte lavorazioni, quindi non ho fatto altro che bagnarlo con dell’acqua di pomodoro e caramellarlo per poi condirlo con olio, cristalli di sale e liquirizia di pomodoro a cui ho unito della pasta spezzata cotta in acqua e acqua di pomodoro”. A sorpresa Vitale ha coinvolto il pasticcere Marco Aliberti che ha proposto un cioccolatino rosso molto interessante che racchiudeva un cuore di confettura di pomodoro San Marzano, ganache di latte di bufala con cioccolato bianco al basilico e cioccolata all’olio extra vergine di Ravece con una camicia di cioccolato fondente al 82% e sale di Maldon. Un dolce ben bilanciato dove alla dolcezza esagerata iniziale subentrava la freschezza del basilico che lasciava la bocca molto pulita.
Gioca in casa Peppe Stanzione del ristorante Le Trabe di Capaccio Paestum e porta il piatto della tradizione acqua, sale e pane biscotto da lui reinterpretato. Un piatto semplice ma ruffiano, sapido e dolce allo stesso tempo, dove la pasta, il mezzo pacchero, viene cotto e frullato con il pomodoro così da trasformarsi in quel “pan biscotto di una volta”. Così i suoi paccheri al pomodoro corbarino con acqua di pomodori, limone candito salato, crumble di pane e pomodoro diventano quasi una madeleine proustiana dove ogni parola diventa superflua.
Infine Mimmo De Gregorio dello Lo Stuzzichino di Massa Lubrense ricorda “quando il ragù veniva fatto la domenica mattina e le signore uscivano per andare a messa e lo lasciavano “pippiare” fino al loro ritorno”. Con questa immagine del passato presenta le candele spezzate con ragù di tracchia (pezzo di maiale) poggiate su un letto di ricotta aromatizzata al limone che richiamano tutta la tradizione e la bellezza napoletana in un piatto semplice ma ricco allo steso tempo.
La Campania è il regno dei fritti e in questo Atelier i cuochi si sono sbizzarriti con piatti intriganti divertenti e originali.
Walter Regolanti del Romolo al Porto di Anzio respira l’aria di mare tutti i giorni e a Paestum non poteva non portare il pesce e trattarlo come un qualsiasi ingrediente. Il suo piatto si ispira alla cucina thai e ha come protagonista la seppia impanata e fritta a cui ha aggiunto una salsa agrodolce. Così la racconta: “Prima di tutto è necessario togliere la cartilagine e la pellicina alla seppia per renderla morbida. Una volta che viene pulita la impaniamo con farina, uova e pane carasau spezzato e messa a friggere nell’olio bollente a circa 180°C. Quando ha un bel colore dorato viene salata e servita con salsa fatta con una glassa di acqua, zucchero, succo di lime, aceto, sherry, peperoncino.”
In trepidante attesa della prossima apertura del suo ristorante, Gianluca Gorini porta a Paestum un finger food (e precisa sin da subito che è da mangiare con le mani) dove il fritto è un intermezzo tra la parte acida e fresca della verdura e i gusti forti delle polveri. “Il fritto piace a tutti, ma la parte più golosa del fritto è costituita dalle palline di pastella che rimangono a friggere nell’olio… Ed è da qui che nasce l’ispirazione del mio piatto: una tegola di pastella (farina, acqua gasata e fecola) aromatizzata con polveri diverse (cipolla, olive, capperi, pomodori secchi, acciuga, origano e limone) appoggiata su un cuore di lattuga condita con una maionese acida”. Un bel piatto giocoso, sfizioso, brillante.
Ci riporta in terra siciliana Eugenio Boer di Essenza a Milano con la sua “Come una ravazzata a Palermo” che si ispira all’Iris palermitano nella versione salata della rosticceria, con ragù palermitano, piselli, manzo e maiale messo in pasta brioche, impanato e fritto. Così lo chef propone un ragù classico alla palermitana sul fondo del piatto con la parte grassa dell’olio che affiora, piselli freschi, crema di ricotta di bufala che dà rotondità al piatto e infine del pane fritto croccante che richiama la panatura dell’Iris. Un piatto goloso e ben fatto, divertente e peccaminoso.
Agostino Iacobucci dei I Portici di Bologna fa una sua interpretazione della caprese con un tocco orientale attraverso il mare, dove emergono sapidità, freschezza e un certo gusto estetico del piatto: “Siamo in terra di bufala ma siamo anche molto vicini al mare. Per questo piatto ho deciso di usare un pesce economico, come il cefalo, che ho marinato con zucchero e sale e successivamente affumicato con trucioli di pino. Tagliato a pezzi grossolani viene messo nel piatto a cui ho aggiunto della soia per dare acidità, del pomodoro in acqua di mare, ravanello fresco affettato, basilico, liquirizia, cannella, finocchietto, salicornia, sabbia di alghe e della mozzarella liquida ghiacciata per completare”. Un piatto fresco e con effetti particolari come la sabbia di alghe che dona una croccantezza inaspettata ma doverosa.
Torna nella sua terra di origine lo chef Andrea Aprea del Vun di Milano dove gioca con il contrasto dolce salato della caprese ricreando una perfetta finta mozzarella (bellissima la sua sfera soffiata a mano di zucchero riempita all’ultimo momento con una spuma di latte di governo di bufala) poggiata su una coulis di pomodoro giallo e accompagnata da dadini di mozzarella di bufala, pesto di basilico gelato, pane tostato, acciughe del Cantabrico e germogli di basilico. Con questo piatto Aprea fa una rivisitazione del suo cannolo di foglie di latte in un alternarsi di texture diverse e un avvicendarsi di dolce, salato, acido, morbido, croccante e fresco.
Chiude la sezione Terry Giacomello dell’Inkiostro di Parma che crea un piatto dalle molte sfumature di pomodoro e mozzarella ma rimane “rigoroso” nella sua caprese: su una maionese di mozzarella (fatta con latte di bufala, latte di soia e olio di semi) aggiunge del cous cous di buccia di pomodoro (ottenuto da pomodoro datterino pelato liofilizzato spadellato con olio di semi), polvere ghiacciata fatta con l’acqua di governo, olio al basilico, piccole meringhe fatte con acqua chiarificata di pomodoro datterino, caviale di basilico (semi di basilico soffiato in acqua), pezzetti di pomodorino giallo e rosso. Equilibrato e meticoloso nella trasformazione degli ingredienti.
Non poteva mancare una sezione sul panino di qualità che in questi anni sta vivendo un momento di gloria e dove anche grandi chef si stanno cimentando. A Paestum erano due i protagonisti dell’Atelier, un campano e un toscano, che da anni stanno rivoluzionando e cambiando il mondo del re dello street food spesso bistrattato.
Stiamo parlando del giovane Gennaro Cariulo della Macelleria Hamburgheria da Gigione di Pomigliano d’Arco (NA) che ha proposto un burger molto goloso e dai sapori ben bilanciati dove un panino caldo e croccante (e di un certo “spessore”) ha accolto un hamburger di vitello marchigiano da 220 gr cotto sulla piastra, crema spalmabile di bufala aromatizzato con menta, sale e pepe, pomodoro marinato con tabasco e cipolla, misticanza, alici affumicate e speziate con la cannella da una parte e il sale dall’altra, scorza di limone fresco.
Successivamente il fiorentino Alessandro Frassica da Ino di Firenze ci ha raccontato la sua “visione” del panino dove emerge che: “La rivoluzione è una non rivoluzione. I miei panini sono diversi da quelli chiamati gourmet, che indicano spesso lavorazioni elaborate degli ingredienti, e neanche troppo legati ad un unico territorio. Per me invece è fondamentale lo scambio con le materie prime del luogo in cui si è in quel momento”. E per questo ha preparato un panino che è una lode a uno dei prodotti di Paestum, la mozzarella di bufala, a cui ha aggiunto le alici di Cetara e scorza di limone, puntarelle condite e colatura di alici di Cetara. Il pane, che ha leggermente scaldato, è la sua “solita” ciabatta di cui ha curato personalmente la ricetta dopo anni di ricerca e prove e che mantiene fragranza e croccantezza anche dopo 3 giorni!
Ha fatto della mozzarella di bufala il cavallo di battaglia della sua cucina stellata. Stiamo parlando di Rosanna Marziale delle Le Colonne di Caserta che qui ingannato i commensali con due piatti che sembravano dessert ma che erano primi piatti di tutto rispetto.
Il primo, “violetta”, che sembrava una Pavlova, aveva ben “tre prodotti bufalini”: su un lungo “gnocco” di patata viola arrotolato veniva appoggiata una pettola (sfoglia di mozzarella) bruciacchiata al cannello a cui veniva aggiunta ricotta e scamorza affumicata con lo zucchero di canna, guanciale di maialino nero casertano rosolato tagliato a dadini, rosette di gnocchi di patata viola, polvere di prezzemolo e polenta e zert di limone.
Il secondo era composto da ravioli di cacao ripieno di ricotta e scorzetta di arancio accompagnati da alcune salse (barbabietola rossa e aceto balsamico, San Marzano, curry e pepe) e completati da una crema di bufala e pezzetti di pomodori secchi, una vera delizia di sapori decisi ma molto armoniosi.